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Alan Cox dice addio al mondo Linux

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28 gennaio 2013 Visualizzazioni: 600 Copertina, Software

C’era una volta SUSE…

Il titolo, un po’ provocatorio, è messo lì per cercare di fare il punto sul futuro del progetto. Cosa gli aspetta? Sarà un eterno secondo o avrà modo di crescere a dismisura? Il destino non sembra essere roseo, ma qualcosa si può fare.


Canonical possiede la più grossa fetta di mercato desktop, almeno per quanto riguarda Linux. Google, al contrario domina sul mercato mobile con il suo Android. E Red Hat lascia dietro tutti i rivali nel settore server. E SUSE, quale parte svolge in questo spietato film chiamato mercato? �? proprio il caso di dire, c’era una volta SUSE.

Già, ricordando quei tempi in cui il progetto faceva gola a molti, sembra quasi assurdo che oggi questa distro stia lentamente passando nelle retrovie del mondo Linux, non fosse altro che per l’estremo successo riscosso dagli attuali prodotti Red Hat.

Parlando di SUSE, riaffiorano alla mente tante cose. La sua quasi completa similarità proprio con Red Hat Linux (come ad esempio i pacchetti RPM) e quell’incredibile diffusione durante i suoi primi anni di vita. Diffusione talmente ampia che in poco tempo Novell, colosso del mondo informatico, decise di acquisire l’intero progetto. E poi c’è Microsoft, che per quanto possa suonare male nel mondo Linux, a quella distro sembrava davvero interessata a tal punto da stringere un accordo con la stessa Novell che sembrava far del bene ad entrambe le aziende. In particolare, Microsoft si impegnava a “consigliare” SUSE Linux Enterprise a tutti quei clienti che preferivano adottare piattaforme server miste. Ma, oggi, con il senno di poi, quell’accordo sembra tanto una mossa per tenere a bada un pesce che poteva diventare molto grosso.

Ma torniamo ad oggi. SUSE può vantare partner del calibro di HP e IBM, ma viene quasi da ridere se si pensa che il primo dei due ha scelto Ubuntu come base del suo sistema cloud. Perché non affidarsi allo stabile SUSE giocando anche in casa? Perché questa sorta di rifiuto nei confronti di questa distro?

Tutto ciò lascia pensare che SUSE si ritrovi in una posizione precaria, con un piede già nella fossa. Ma i dati di mercato fortunatamente dicono il contrario. Le entrate da parte dei partner di SUSE (come già detto HP e IBM) sono costati. E allora, come dare risposte alle precedenti domande? Stando al pensiero di un ex dipendente SUSE, questi partner di lunga data hanno un solo scopo, ovvero fornire una copertura contro Red Hat, pur sapento che gran parte delle loro attività dipendono proprio da quest’ultimo. Così, decidono di generare un volume d’affari appena sufficiente a mantenere in vita SUSE, senza però trovare il metodo di farlo ingrandire sempre più.

Ma questo è solo il pensiero di un ex dipendente, come già detto. Stando ad altre fonti, interne alla società, l’anno appena passato pare sia stato abbastanza positivo a tal punto che SUSE ha superato i propri obiettivi di vendita generando 200 milioni di dollari di fatturato.

Seppur fino ad ora sembra di aver letto solo una storia triste, SUSE rimane ancora relativamente forte nel mercato europeo, continente che l’ha vista nascere. E, nonostante CentOS (la vera alternativa a SUSE derivata da Red Hat Enterprise Linux), sembra essere apprezzato da molte aziende, SUSE continua a difendersi a denti stretti. Per analizzare meglio la situazione, basta dare un’occhiata al numero di ricerche effettuate su Google a partire dal 2004 (anno in cui sono nate sia CentOS che SUSE). SUSE è partita molto più che avvantaggiata, surclassando la rivale CentOS. Ma a partire dal 2009 i ruoli si sono invertiti, pur mantenendosi abbastanza costanti fino ad oggi.

In definitiva, SUSE ancora esiste, ma potrebbe comunque impegnarsi di più, uscendo da questo status di eterna seconda, posizione, questa, molto pericolosa.

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Fonte: Readwrite

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